In un’intervista rilasciata ai taccuini di Tuttosport Alessio Tacchinardi ha parlato del momento che sta vivendo la Juventus di Luciano Spalletti. Di seguito l’intervista completa:
Alessio Tacchinardi, sui social hanno fatto rumore le sue parole sul gruppo bianconero.
«Avevo visto McKennie fare il balletto della “Pantera Rosa”. Divertente, sì. Però anche meno. Mi sono arrabbiato, soprattutto considerando il momento».
Lei ha vissuto un’era diversa.
«Sì, forse è così. La mia era una generazione differente, per una Juventus differente. Uomini e calciatori di un’altra pasta: erano più affamati, più ossessionati. E molto più attaccati alla parola “gruppo”, alla parola “vincere”. Non immagino un Del Piero, un Vialli, un Chiellini fare quelle robe in una situazione simile di classifica, e non solo. Ma è la mia mentalità, sull’impegno di McKennie nessun dubbio».
Spalletti ha detto: «Il silenzio dei giocatori mi evidenzia che anche loro non sono contenti. Mi fa piacere».
«A me Luciano sta piacendo, per gli interventi che fa, per quel che dice. Ma non so se a volte sia meglio restare in silenzio oppure attaccarsi al muro, uno con l’altro. Perché questa squadra dovrebbe essere più arrabbiata, e ritrovare l’ossessione della vittoria. In campo serve più veleno, più fame. Se il silenzio vuol dire che più di così non si poteva fare, allora io sono preoccupato. Vedo Roma e Bologna: hanno più voglia di arrivare all’obiettivo».
Il suo spogliatoio era silenzioso?
«Pochissime volte. Magari dopo una finale di Champions persa, quando non riuscivamo a coronare una stagione pazzesca. Erano molto più le arrabbiature…».
Ancora Spalletti: «Dobbiamo tornare a vincere perché lo vogliamo, non perché siamo la Juventus ed è un obbligo». La ritiene una frase juventina?
«Oltre a essere un grande allenatore, è anche un grande psicologo. Credo che Spalletti abbia notato quanto la maglia sia un peso per questo gruppo. Che soffre aspettative e pressioni. E torniamo sempre lì».
Dove?
«La Juventus è esattamente questo: aspettative e pressioni. Perciò vincere. Ma a prescindere dalla sfumatura, credo che tutti ora desiderino una squadra differente. Anche un po’ più sbarazzina, più antipatica, magari nervosetta. Si può vincere o perdere, ma si dia uno spiraglio di luce, una scossa, un cambiamento. Alla Juve, le pressioni, devi anche volerle, oltre ad accettarle. Devi finire per sconfiggerle. E invece la sensazione è che tutto questo pesi sempre di più. Penso a quei giorni così carichi, oggi mi mancano».
Ha parlato di cambiamento. Se l’aspettava già a Firenze?
«Sì, almeno qualcosa. Al momento non ho visto granché di differente: sto vedendo la Juventus di Tudor. E ci sono rimasto un po’ così, evidentemente Spalletti non ha avuto troppe sicurezze e ha optato per l’usato sicuro».
Cosa si aspettava?
«La Juve a 4 dietro, di vedere un 4-3-3 o un 4-2-3-1. Ma Luciano ha uno staff super preparato, avrà analizzato a 360 gradi la situazione, cosa fare e cosa non fare. Ho notato qualche rotazione più particolare, ma limitato lì, in un contesto comunque legato al lavoro di Igor. Magari già in Champions cambierà qualcosa. E mi aspetto che Koopmeiners torni a centrocampo».
Bisogna preoccuparsi del calo di Yildiz?
«Yildiz a me piace sempre. E deve stare comunque in campo. A Firenze si è visto in una strappata di 60 metri, poi ha sbagliato il passaggio, però è questo giocatore qui: super talentuoso. Adesso sembra stanco, non è brillantissimo. Piuttosto, tocca fare un’altra domanda…».
Quale?
«Chiediamoci e cerchiamo di capire il calo generale di tutta la squadra. Quali possano essere stati gli errori, la preparazione cambiata, le eredità del Mondiale per Club: sono tutti fattori. E un fattore sarà di nuovo pure Kenan, di cui la Juventus ha totale bisogno».
Di David e Openda, invece, la Juve avrà mai bisogno?
«Per la prestazione al Franchi, sono ingiudicabili: pochissimi minuti. Magari con un modulo diverso, una squadra più offensiva, potrebbero fare la differenza. Spalletti li conosce meglio di tutti, se ha fatto queste scelte ci sarà un perché. E poi Vlahovic, ecco, sta rispondendo: giusto fare affidamento su di lui. A oggi la punta lì davanti dev’essere fisica, brava a fare sportellate. Sennò è dura. Spero solo che David e Openda non diventino dei problemi, andando avanti così».
Fiducia nella gestione Spalletti.
«Il mister è bravissimo a trovare l’abito giusto a ogni sua squadra. Solo che a Torino deve farlo in corsa, con la classifica che cambia, e tutte le altre che corrono fortissimo. Non è facile, anche perché ha una squadra che sta andando piano, impaurita, poca personalità. E questo è il momento cruciale della stagione, quello in cui serve qualcosa in più dai calciatori».
Ancora il tema personalità: è così evidente?
«Vedo le squadre che sono davanti: la ferocia è massima. E allora sì, può davvero diventare una stagione particolare, con il pericolo dietro l’angolo».