In un’intervista rilasciata ai taccuini di Tuttosport gli avvocati Michele Patrisso e Massimo Durante, a capo della Fondazione Jdentità Bianconera, hanno parlato così della denuncia presentata nei confronti di Giuseppe Chiné, il procuratore Figc. Di seguito l’intervista completa:
“Siamo mossi dalla pressione dei nostri soci, per questo non potevamo non farlo. E così un nostro iscritto ha deciso di querelare e denunciare il dottor Chiné a mezzo di due nostri colleghi, legali della Fondazione. Perché lo ha fatto? Dopo le tante segnalazioni della Fondazione senza risposta, il signor Durante (padre di Massimo, ndr) ha deciso di affondare il colpo presentando una vera e propria denuncia querela. L’obiettivo è capire esattamente il ragionamento fatto dal dottor Chiné, nel perseguire così pervicacemente la Juventus e andando, a dire del querelante, col freno a mano tirato con le altre. Dopo decine di esposti, noi della Fondazione e tutti i tifosi, non solo juventini, cerchiamo una risposta. Anzi, cerchiamo di smuovere una montagna. I nostri compagni di fede ci scrivevano: basta! Qualcuno sostiene che gli esposti non servano a nulla, che vengano cestinati. A volte sì, a volte no”.
Avvocato Patrisso e Avvocato Durante, e quest’ultimo su Chiné?
“Non è un esposto, come detto è una querela, con la quale un iscritto ha voluto portare avanti quello che era un sentimento comune a molti dei soci, i quali ci dicevano: non siamo avvocati, possiamo fare qualcosa? L’abbiamo fatto fornendo l’assistenza al nostro iscritto per il mezzo dei nostri avvocati della Fondazione”.
Ma cosa vi aspettate?
“Di capire. Perché ci sono alcune dichiarazioni che non tornano. Come quella a margine del convegno Sport e Legalità del 2023. A proposito del caso Osimhen, dice: ‘Se io dovessi ricevere dei documenti, degli elementi, come ho avuto sulla Juventus, allora potrei riaprire il processo nei confronti delle altre società’. Per noi le prove ci sono. Peraltro, vogliamo e dobbiamo precisare che la querela è stata presentata prima dello scoop di Repubblica sul caso Osimhen, con i messaggi tra i dirigenti del Napoli e quelli del Lilla. E questo fatto ne dimostra il fondamento”.
Perciò?
“Ci saremmo aspettati che il Procuratore, con la stessa solerzia, velocità e implacabilità utilizzate sempre nei confronti della Juve, contrastasse le altre squadre”.
Contestaste quindi una doppia velocità di esecuzione della giustizia?
“È sotto gli occhi di tutti. Soprattutto dei tifosi, che chiedono a noi come sia possibile che qualsiasi cosa riguardi la Juventus venga trattata in questo modo. Lo dice pure Gravina in alcune dichiarazioni”.
Per voi c’è stato un atteggiamento garantista verso le altre società?
“Noi vogliamo un atteggiamento garantista verso tutte le società. Pretendiamo la parità di trattamento. Se ci viene raccontato, come fa Gravina, che la giustizia sportiva debba essere veloce, lontana dalle lungaggini dei procedimenti penali, noi ci aspettiamo che ci sia identico trattamento nei confronti di altre società”.
E per questo denunciare il Procuratore?
“No, per il semplice motivo che un comune cittadino italiano, Michele Durante, alla luce della documentazione che abbiamo esibito, ha ritenuto doveroso non tanto farsi delle domande sull’omissione dell’atto stesso, ma anche sulla mancata indicazione delle ragioni del ritardo”.
Ci perdoni la curiosità: come mai il firmatario della denuncia è un 93enne? Sembra un rischio calcolato.
“Nessun rischio calcolato. Si tratta di una persona con estrema lucidità: rappresenta la volontà di milioni di tifosi, desiderosi di comprendere i motivi di questo silenzio. E non solamente tifosi bianconeri. Prenda le dichiarazioni di Berruto, che non è certo juventino”.
Perché cita Berruto?
“Più volte ha portato all’attenzione del Parlamento la necessità di una profonda riforma della giustizia sportiva per le evidenti storture nella sua applicazione. Ci sono anche le sue dichiarazioni in Parlamento tra gli allegati della denuncia, e sono dichiarazioni pesantissime, perché è sotto gli occhi di tutti come la giustizia sportiva venga utilizzata contro il nemico di turno”.
E chi era il nemico di turno tre anni fa?
“Andrea Agnelli”.
Avete avuto alcuni contatti, anche indiretti, con alcuni funzionari della Procura Federale dopo l’invio di queste segnalazioni?
“No, non informali. Ci sono state delle risposte, delle archiviazioni rispetto a qualcuna delle nostre istanze. Di molte altre aspettiamo ancora di capire se abbiamo scritto il giusto”.
Come rispondete a chi mette sotto accusa la campagna tesseramenti con l’illazione di voler solo racimolare soldi?
“Siamo una fondazione. Non abbiamo scopo di lucro, ma non vuol dire che non ci siano delle spese da affrontare. Di sicuro non andiamo in vacanza con quanto raccogliamo. Utilizziamo tutto ciò per gli esposti, perché è lo strumento più corretto. Se la Procura ritiene di indagare, deve farlo: ha l’obbligo specifico. Se non lo fa, si configura un’omissione di atti d’ufficio”.
Per voi la giustizia sportiva è asimmetrica?
“Non asimmetrica, ma anacronistica. Siamo nel 2025, ma soprattutto in un’industria che muove miliardi: non possiamo farla governare da regole del Novecento, quando lo sport era dilettantistico e non incideva come fa adesso. Si torni su Arrivabene: è stata troncata una carriera. Chi può dire che ancora oggi non sarebbe stato l’amministratore delegato bianconero?”.
Ma l’esposto è un atto simbolico oppure ritenete che possa avere un valore giudiziario?
“Sarà sicuramente un atto simbolico, che però potrebbe avere una forza dirompente. Perché uno dei nostri obiettivi è stato sempre quello di parlare di argomenti di cui nessuno parla. L’abbiamo fatto fin dall’inizio”.
E se fosse archiviato?
“In caso di richiesta di archiviazione il signor Durante ha già detto che presenterà opposizione nelle forme di legge a mezzo dei suoi legali di fiducia, gli avvocati Stefano Sassano e Antonio La Rosa, legali componenti il team giuridico della Fondazione, che si sono occupati del deposito della querela e della sua protocollazione. Nel caso si pretende un’udienza pubblica nella quale si parli di queste cose. L’obiettivo? I tifosi della Juventus, e non solo, devono sapere, devono avere risposte e devono sapere della nostra esistenza. E qui ritorno su un punto cruciale: i supporters non sono soltanto dei clienti, perché se si stufano poi lasciano. Abbiamo tanti amici che non seguono più la squadra dal 2006: a loro non è stata raccontata la verità”.
Uno dei vostri vanti è aver raccolto più tifoserie all’interno della Fondazione.
“Ci siamo stupiti, lo siamo ancora adesso: ci sono tanti milanisti iscritti con noi, alcuni ci sponsorizzano in alcune serate. È una cosa pazzesca se pensiamo alla rivalità tra le varie squadre. Anche alcuni tifosi del Napoli: tutti sostengono che la giustizia sportiva sembra una vergogna. Quindi una battaglia va fatta”.
Quale tipo di rapporto immaginate con la Juventus?
“Siamo qui per collaborare, per indicare una strada. Per sostenere i diritti che sono dei tifosi, ma dei tifosi bianconeri. Proveremo, nel caso, a bussare. Non adesso che siamo qualche migliaio, ma quando saremo centinaia di migliaia. Così da dire: difendiamoci insieme. Colmiamo il vuoto creato dalla mancanza di azione in questo senso”.
Vi sentite necessari, dunque?
“La Juventus non si difende mai, per motivi che chiaramente non possiamo sindacare. Sono politiche che stanno al di sopra delle nostre teste. Chieda a chi vuole: la risposta sarà che no, non sono contenti di questo tipo di atteggiamento. Per questo stiamo all’erta e abbiamo pronto il prossimo step”.
Quale sarebbe?
“Chiederemo alla Federazione di revocare lo scudetto all’Inter nel 2005-2006, perché con tutto quello che è uscito fuori, ogni singolo elemento ci fa capire come lo scudetto non possa andare all’Inter. O meglio: vuoi toglierlo? Allora non assegnarlo a nessuno. La Corte di Cassazione dice che la classifica finale non è stata alterata”.
Cosa vi sentite di dire ai tifosi?
“Che finché rimarrà questo sistema, noi saremo sempre sotto la lente di ingrandimento. Perché è questa roba qui e lo sarà in ogni occasione. E no, a noi non piace”.