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In un’intervista ai taccuini di Tuttosport Beppe Bozzo, agente che ha portato in Italia Alvaro Morata, ha parlato così dell’arrivo dello spagnolo alla Juventus. Di seguito l’intervista integrale:
Beppe Bozzo, dobbiamo riavvolgere il nastro, tornando al 2014. Come mai proprio la Juve, quando Morata ha scelto di lasciare il Real Madrid?
“Ho sempre avuto un ottimo rapporto con Juanma Lopez, lo considero uno di famiglia: questo spiega tantissimo del mio legame con lui, è un agente bravissimo, lo conosco dal 2010. Lui mi parlava tanto di Alvaro, che allora era un prospetto di campione, ma di fatto ancora giovanissimo e tutto sommato non così inflazionato. Allora ho iniziato a vederlo giocare: è stato molto facile innamorarsi di Morata. E poi è una persona fantastica, di sani principi. Ho avuto modo di conoscere anche il papà Alfonso, che gli ha lasciato un’impronta profonda. In Italia siamo andati a colpo sicuro con la Juve: sapevamo che in quel momento storico bianconero avrebbe potuto trovare spazio, crescendo in maniera esponenziale. Ed è andata così”.
Cosa ricorda della trattativa coi bianconeri?
“La Juve era interessata, sì, ma noi vedevamo l’operazione come una missione impossibile. Morata aveva appena vinto la Champions League, non era facile muovere un talento del genere. Andava convinto il Real Madrid, Florentino Perez stravedeva per questo ragazzo. La differenza l’ha fatta Alvaro”.
In che senso?
“Lui voleva andare a tutti i costi via da Madrid, cercava un grande club nel quale avrebbe potuto giocare. Fu una mossa molto coraggiosa da parte sua. Così inaugurammo una formula che negli anni ha preso piede: la recompra. Undici anni fa era una frontiera inedita in Italia. Senza questo escamotage non avremmo potuto portarlo alla Juve, che beneficiò due volte di quella clausola. Per due anni si è goduta il giocatore e poi ha incassato quando il Real Madrid si è ripresentato alla porta di Marotta. Fu un’operazione innovativa e oggi è molto utilizzata: basti pensare a come si è mosso il Como con Nico Paz”.
Alvaro andò via dalla Juve con un velo di tristezza, ma poi tornò in bianconero nel 2020.
“E pensare che nel 2017 fu davvero ad un passo dal Milan. La proprietà cinese lo voleva, furono molto vicini al tesseramento. Lui voleva tornare in Italia, ma i ritardi sul closing dei rossoneri complicarono tutto”.
Morata ha spesso deciso le partite secche. Poi questa caratteristica è diventata una sorta di etichetta, non sempre positiva. L’ha penalizzato questo?
“C’è solo una cosa che a livello mediatico gli ha complicato la carriera: il suo spirito di sacrificio. Tutto il lavoro sporco in fase di non possesso. Apprezzato dagli allenatori, da tutti quelli che ha avuto, ma ovviamente ha un po’ compromesso l’apporto in zona gol. Pochi attaccanti si vogliono sacrificare come lui: anche per questo ha lasciato bellissimi ricordi dappertutto”.
Alvaro è mai stato vicino ad un terzo ritorno a Torino?
“Sì, nel 2023. Lo voleva Giuntoli. Eravamo d’accordo su tutto, ma davanti la Juve aveva una maxi affollamento e non riuscirono a trovare la collocazione giusta per il ritorno di Morata, che ci ha sperato tanto”.
Cosa ha lasciato Morata alla Juve?
“Nel 2014 ha trasmesso una mentalità vincente ai compagni, anche se era molto giovane. Aveva appena vinto una Champions League e ha sempre portato una ventata d’aria fresca in tutti gli spogliatoi”.
Il fatto di aver giocato solo sei mesi con Vlahovic è un rimpianto?
“Si sono trovati molto insieme, anche come caratteristiche. Erano complementari e facevano gol. Penso che avrebbero fatto molto bene, se solo avessero avuto altro tempo”.
Oggi al Milan c’è Max Allegri, che ha avuto un grande impatto alla Juve su Alvaro. Se fosse arrivato l’anno scorso, Morata sarebbe ancora rossonero?
“A sensazione, per il rapporto che hanno avuto a Torino, penso di sì. Ma è difficile dirlo con certezza. Allegri fa giocare bene gli attaccanti, li valorizza come pochi in Europa. Morata era perfetto per le esigenze di Max: si sacrificava in tutto e per tutto nella sua Juve”.
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