In un’intervista rilasciata ai taccuini di Tuttosport, Maurizio Setti (ex patron del Verona), ha parlato del rapporto lavorativo avuto con Igor Tudor quando quest’ultimo si trovava sulla panchina degli scaligeri. Di seguito l’intervista completa:
Setti, lei ha vissuto un anno con Tudor. Cosa le è rimasto del vostro rapporto?
“Di Tudor avrò sempre un ricordo speciale. Partiamo da un presupposto: lui è un uomo molto sereno. Vive la vita meglio rispetto ad altri allenatori che ho avuto. A fi ne anno, quando ci siamo trovati e gli ho spiegato che avrei dovuto cedere i big, lui aveva già il contratto automaticamente rinnovato dopo la salvezza. Io gli dissi: “Ti sconsiglio di restare qui, perché non so quanti giocatori sarà costretto a cedere”. Lui mi ha guardato, mi ha abbracciato e ha strappato il contratto, rinunciando ai soldi. Non lo dimentico. Dopo un mese lo chiama il Marsiglia e gli scrivo: “Dio vede e provvede, la vita ti sta portando in Champions League”. Tudor è un uomo di spessore, una persona rara da trovare nel mondo del calcio“.
Quando è scattata la scintilla tra di voi?
“Tudor venne a casa mia prima che prendessi Di Francesco. Ma non era convinto di sostituire Juric: Ivan aveva fatto molto bene a Verona e lui temeva di bruciarsi. Così scelsi Di Francesco, ma già il giorno dopo non ero convinto: mi lasciava perplesso lo staff , c’erano delle divisioni all’interno del suo gruppo di lavoro. Non ero convinto insomma. Appena ho visto come stavano andando le cose in tre partite ho richiamato Tudor. E a quel punto lui aveva più voglia ed era convinto, ha accettato subito“.
Come si rapporta Tudor con la squadra?
“Lui coi calciatori non è assolutamente intransigente. Anzi, sostiene tutti. E sbraita raramente. Per esempio Juric e Mandorlini si infiammavano molto più facilmente, Igor invece è più riflessivo. Lui, a differenza di altri, sa contare fi no a dieci prima di parlare. Non è una cosa da poco“.
Cosa differenziava Tudor dagli altri?
“Mi stupiva nella gestione della settimana: rispetto ad altri cercava a volte di far rallentare i ritmi. Non era ossessionato. Aveva capito che la squadra rendeva e lasciava il guinzaglio lungo, non era un martello. D’Amico a volte sperava che la squadra lavorasse di più, lui era abituato a Juric. Poi, però, in campo quel Verona ha fatto cose pazzesche. Ha avuto ragione Tudor nella gestione, per questo penso sia l’allenatore ideale per una grande squadra“.
Lei ha avuto tanti allenatori molto bravi: 6 su 20, dell’attuale Serie A, sono passati dal Verona della sua gestione.
“Sì, ho avuto intuito e fortuna in questi anni. Penso che Tudor non abbia ancora finito di crescere, ma la Juve è il suo ambiente, farà grandi cose. Lo apprezzo perché sa sdrammatizzare. Un po’ di cazzeggio, a volte, ti fa vedere la realtà in maniera più serena. Mi parlava della Croazia, dei suoi viaggi, del cibo. Aveva una profonda cultura del riposo ed era distaccato dai soldi. Dava importanza
alla qualità della vita sua e dei suoi giocatori“.
Tudor domani riabbraccia il popolo gialloblù al Bentegodi.
“Lo stimo anche perché non è un ruffiano: ha un rapporto moderato coi tifosi, ma non cerca per forza il consenso della gente. Ha una sua linea e va dritto per la sua strada. Gli auguro una grande carriera“.
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