Juventus, Massimo Mauro: "Non ci sono certezze assolute in rosa. Yildiz..."

Juventus, Massimo Mauro: “Non ci sono certezze assolute in rosa. Yildiz…”

Massimo Mauro
Le parole dell'ex calciatore bianconero rilasciate in un'intervista ai taccuini di Tuttosport: il suo pensiero sul momento della Juventus

In una lunga intervista ai taccuini di Tuttosport Massimo Mauro, ex calciatore bianconero, si è espresso così sul momento che sta vivendo la Juventus. Di seguito l’intervista completa:

“Non lo dimenticherò mai quando ho capito cos’era la Juve. Ero arrivato a Torino a 23 anni, un ragazzo. E mi trovo di fianco Platini, Scirea, Cabrini, Brio… gente che aveva vinto tutto, mancava solo l’Intercontinentale e l’avremmo vinta di lì a poco. Inizia il campionato e vinciamo otto partite su otto, viaggiamo come treni, eppure non riuscivo ancora a cogliere qual era l’essenza della mentalità vincente della squadra. Il mercoledì facevamo sempre l’interval training, cioè i 100 metri ripetuti a tutta velocità per dieci volte, e mi rendo conto che io mollo sempre un po’ verso gli 80, mentre gente come Cabrini, Bonini, Scirea molla solo dopo i 100 e arriva stremata, gente che aveva un palmarès lungo tre fogli. E lì ho capito e, lo ammetto, mi sono anche vergognato un po’, perché cosa potevano pensare di me, che ero l’ultimo arrivato e non avevo vinto niente. Quella era la mentalità vincente. Quella è la mentalità che, sinceramente, non vedo nella Juve di oggi. Non vedo una corsa in più per il compagno, il cuore oltre l’ostacolo, quell’umiltà che è tipica dei grandi campioni”.

Forse, Massimo Mauro, perché di grandi campioni questa Juve ne ha pochini?
“Il livello della Juventus è un livello nel quale non c’è molto spazio per le scommesse, in qualsiasi settore del club, dalla squadra alla dirigenza. Negli ultimi due anni sono arrivati molti giocatori, alcuni anche ottimi, ma tutti scommesse e nessun grande campione. Non ci sono certezze assolute in rosa, giocatori sulle cui spalle caricare la squadra. Sono stati spesi tanti soldi, eppure manca quel tipo di giocatore. Se fossero arrivati, peraltro, si sarebbe anche risparmiato”.

In che senso?
“Chi più spende meno spende. Mi spiego: con tre o quattro campioni di alto spessore puoi permetterti di mettere intorno a loro giocatori giovani che crescono nel loro esempio o giocatori di medio livello che possono diventare più bravi al loro fianco. E con i campioni puoi certamente aspirare ad andare più avanti in Champions, prendendo così più soldi, e aspirare ai primi posti in campionato. Il nocciolo della questione è mettere in squadra un campione per ogni reparto, ne bastano tre o quattro. E intorno puoi far crescere gli altri, anche i giocatori del settore giovanile che, ultimamente, sono emersi per poi essere inopinatamente venduti, facendo spazio a giocatori che non sono tanto più forti e non hanno lo spirito di appartenenza di chi è nato nella Juve e ha fatto tutta la trafila in bianconero”.

Yildiz è un campione, secondo te?
“Secondo me Yildiz ha i colpi del grande campione, ma non è ancora un grande campione. Deve crescere come uomo e come calciatore, ma è logico: ha 20 anni e, in questo momento, è troppo responsabilizzato. Pure la fascia da capitano gli hanno dato! Lo vedo che cerca sempre di strafare, perché sente il peso di dover risolvere sempre lui la situazione, ma non può e non deve essere così. Alla sua età Del Piero giocava con Vialli, Baggio, Ravanelli, Conte, Deschamps, Paulo Sousa, Ferrara, e da loro imparava e con loro non subiva pressioni. Così da giovane di talento è diventato… Del Piero”.

Quand’è che la Juve, come club, ha perso di vista il “livello” da Juve di cui parlava prima?
“Nel momento in cui si è iniziato a parlare di quarto posto come obiettivo. Come si fa ad attirare i grandi campioni con la prospettiva di lottare per il quarto posto? Un campione vuole venire alla Juve per vincere lo scudetto, oppure mi sbaglio?”.

Certo, il contesto del calcio italiano di oggi non è il massimo per attirare i campioni?
“Eh no, purtroppo non lo è. Infatti vanno in Spagna o in Premier. Ma la Juve resta la Juve, con un progetto vincente tornerebbe ad attirare i grandi”.

Come si ricostruisce un progetto vincente?
“Il ricambio generazionale dopo un grande ciclo è sempre un problema. È una cosa storica: hanno faticato tutti, dalla Juve di Trapattoni e Boniperti al Milan di Berlusconi. È difficile, ma io partirei dalla ricostruzione di un gruppo di italiani. L’idea di sostituire calciatori e uomini come Buffon, Chiellini, Bonucci, Barzagli, Pirlo, Marchisio è roba da mal di testa, ma ripartire da uno zoccolo duro di italiani è l’unica strada”.

Chi le piace di quelli che ci sono adesso?
“Cambiaso è bravo, ma deve tornare a giocare come sa. Con passo più incazzato, non da scampagnata”.

Come si svolta questa stagione?
“L’ideale sarebbe trovare quei campioni di cui parlavo prima a gennaio, ma non te li danno. Quindi bisogna ritrovare umiltà, entusiasmo, motivazione, intensità e qualche cross giusto per Vlahovic. Thuram deve credere un po’ più in se stesso, può essere uno alla Vieira, segnare molti più gol. Io schiererei Yildiz dietro Vlahovic e poi altri otto a prendere la palla. E poi i dirigenti devono lavorare molto”.

In che senso?
“Il lavoro dei dirigenti conta molto, moltissimo. La presenza quotidiana fa punti in classifica, ma bisogna avere pazienza. Ascoltare i giocatori, imparare a conoscerli, stabilire un rapporto sincero e leale, aiutarli a superare i problemi e le paure. Sono giovani sempre sotto i riflettori: non è facile, ma va fatto”.

I tifosi spesso se la prendono con la proprietà.
“E sbagliano. Scusate, ma quando Boniperti sbagliava acquisto, chessò, prendeva Magrin per sostituire Platini, i tifosi mica se la prendevano con Agnelli, ma con lui. Non mi risulta che John Elkann abbia mai lesinato un euro in questi anni. Ha sempre messo a disposizione le risorse e non ha mai detto di no. Se qualcuno gli avesse detto: prendiamo Modric, non credo che avrebbe detto no. Ma nessuno gliel’ha detto…”.

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