Luciano Spalletti
Archiviata la delusione legata alla sconfitta contro il Napoli arrivata in campionato, la Juventus di Luciano Spalletti si appresta ad affrontare il suo prossimo impegno di Champions League, vale a dire la sfida contro il Pafos, prevista domani alle ore 21. A tal proposito, in un’intervista concessa ai taccuini di Tuttosport Cristiano Giaretta, ds della squadra cipriota, ha parlato così della sfida contro i bianconeri. Di seguito l’intervista completa:
Cristiano Giaretta, si parla tanto di emozioni, del suo piccolo Pafos che affronta la Juventus. Eppure vi giocate tantissimo.
«Noi continuiamo a coltivare un sogno, con la consapevolezza di quanto sia però complicato. Certo, vedere la mia squadra giocare all’Allianz Stadium fa pensare a quanto tutto sia quantomeno improbabile».
Siete ambiziosi?
«Sì, e vogliamo performare. Abbiamo perso soltanto una partita, ma contro il Bayern Monaco: ecco, mi sembra che ci possano perdere in tanti. Poi abbiamo vinto contro il Villarreal e totalizzato tre pareggi. In due partite siamo stati in 10. Sì, c’è fiducia».
A cosa servirà Juventus-Pafos? Oltre alla classifica, s’intende.
«La prenderemo con il massimo impegno per fare bella figura, ma anche per capire dove siamo. Questa Champions ci serve per creare delle fondamenta forti, così da stabilizzarci in Europa».
Cosa vorrebbe dire il Pafos qualificato ai playoff di Champions League?
«Sarebbe qualcosa di davvero enorme. Faccio fatica solamente a pensarci. Qualche anno fa non sarebbe stato minimamente immaginabile…».
E adesso?
«Abbiamo portato il calcio di alto livello a Pafo. E in generale il calcio di quest’isola è arrivato in tante parti d’Europa. Ricordo la partita di Firenze, ad esempio. E già aver portato la squadra in Italia è stata fonte di grande orgoglio».
Ci racconta il calcio a Cipro? Come viene vissuto?
«Cresce molto. Adesso abbiamo tre squadre in Europa. E abbiamo diversi stranieri, su tutti diversi allenatori: hanno alzato il livello, l’hanno reso importante. Anche da noi, io sono arrivato due anni fa e il Pafos era un punto di domanda».
In che senso?
«Nel senso che non aveva vinto nulla. Abbiamo aumentato il livello della squadra velocemente: era da vincere subito, ci stiamo riuscendo. Ora serve mantenere quel tipo di livello e considerazione».
Come ha fatto a convincere un giocatore come David Luiz a firmare per il Pafos?
«Le garantisco che quando sono arrivato era difficile convincere qualsiasi giocatore. Figuriamoci un calciatore come David Luiz».
Un grande salto.
«Toccava intanto convincerli dell’occasione a Cipro, poi al Pafos. Abbiamo una proprietà lungimirante, però. Nella loro strategia hanno cercato di convincere dirigenti di alto livello, così da attrarre dei professionisti di valore. Questi riconoscono la professionalità e il progetto. Poi qualche connessione importante con i procuratori non fa certamente male».
Qual era l’obiettivo?
«Volevamo essere ambiziosi e mettere esperienza nel bagagliaio, anche per la competizione. L’idea David Luiz nasce così: serviva un giocatore importante, ma non potevamo attrarre il Vlahovic di turno. David ha dato apertura sin dall’inizio al progetto, che era molto vantaggioso dal punto di vista personale. Ho visto che l’atleta era ancora di livello: il fatto che stesse bene era la base di partenza».
Poi c’è l’effetto “fama”.
«Sì, conta anche quello. Ha 24 milioni di followers. Ha un impatto all’estero enorme. Lo sa che in Brasile adesso guardano in diretta le nostre partite? Per noi è un valore aggiunto importante. E sta giocando come mi aspettavo, sta dando davvero tutto».
Anderson Silva è il giocatore da temere?
«Devo dire che abbiamo alcuni elementi davvero interessanti. Luckassen è un giocatore da Serie A e il suo passato è abbastanza eloquente. Joao Correia è forte, c’è Quina che arriva da Udine e sta diventando determinante. Lo stesso Dragomir si sta conquistando la Nazionale. E a tal proposito, oggi ne abbiamo 8 in giro per le varie selezioni: se ci penso, è una roba davvero fuori dal comune per un piccolo club come il nostro».
Il prossimo da cui si aspetta il grande salto?
«Le dico Dimata, anche per la carriera che ha avuto: non si è visto questo grande impatto, ma sono fiducioso per il futuro, arriverà al suo livello».
In Italia si parla tanto di algoritmi, soprattutto con l’arrivo di Comolli a Torino. Come avviene la selezione dei calciatori, per voi?
«Sono onesto: credo molto nei numeri, nei dati, e soprattutto in quelli atletici, oltre che in quelli tecnici. Il dato è un supporto per commettere meno errori, ma il numero non sostituisce l’intuizione degli occhi degli addetti ai lavori. Anzi, semmai li rinforza».
Li ha sempre utilizzati?
«Sono al ventesimo anno, ho vissuto l’intera evoluzione e posso dire quanto siano assolutamente di supporto: non se ne può fare a meno. Molti dicono: la miglior cosa è guardare i calciatori dal vivo. Io dico di no, che la miglior cosa è la combinazione dei fattori. L’importante però non è soltanto avere i dati, ma conoscerli e capirli. Così da sbagliare il meno possibile».
Ha fatto tanti colpi interessanti nella sua carriera. Di quale è più orgoglioso?
«Uno degli ultimi è stato Joao Pedro: l’abbiamo preso da giovanissimo al Watford, poi è andato al Brighton e adesso è al Chelsea. Pagato abbastanza (70 milioni di euro, ndr), ma è un giocatore importantissimo».
Alla Juve aveva venduto Orsolini, scoperto all’Ascoli.
«E fu una grande cessione: ci avevano visto lungo, poi non se n’è fatto nulla. Ma Riccardo è ancora di quel livello lì, è solo esploso più tardi. È che all’inizio non è mica facile, però le qualità si vedevano. Tornando ai dati: Orsolini in quelli fisici è una bestia, è un giocatore che è a quel livello lì».
Chi l’ha sorpresa di più nel tempo?
«Zielinski. Preso da una squadra di seconda divisione in Polonia per 100mila euro. Poi venduto al Napoli per 18 milioni: che storia».
E Bruno Fernandes?
«Un’altra bella storia, probabilmente la più celebre di tutte».
Spalletti e la Juventus: che situazione è?
«Io mi aspetto che Luciano trovi la chiave giusta per dare un’identità a questa squadra. Ecco, spero solo riesca a farlo dopo la partita contro di noi…».
La scelta è stata giusta?
«Se avessi dovuto affidare un top club a un allenatore allo stesso livello, avrei optato anch’io per Spalletti. Sì, è la persona giusta. Purtroppo per i tifosi c’è bisogno di tempo. E alla Juve non c’è mai».
Si aspetta sorprese?
«Credo stia lavorando sodo per trovare la chiave di ogni giocatore: il suo obiettivo è migliorarli singolarmente per avere una squadra più forte. Certo, se aumenta del 20% la qualità di tutti, allora la Juventus torna a fare la Juventus. In questo mi aspetto dei miglioramenti».
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