In una lunga intervista rilasciata ai taccuini de La Gazzetta dello Sport Andrea Cambiaso ha parlato del momento che sta vivendo la Juventus, compreso l’arrivo di Luciano Spalletti sulla panchina bianconera. Nel corso dell’intervista, l’esterno bianconero ha anche offerto il proprio punto di vista sul derby contro il Torino di Marco Baroni, previsto domani alle ore 18. Di seguito l’intervista completa del calciatore bianconero. All’inizio è stato chiesto al calciatore se ricorda la definizione che è stata data da Luciano Spalletti l’anno scorso in Nazionale, vale a dire il fatto di essere un “giocatore che vede il campo non solo in verticale ed orizzontale, ma in modo circolare…”.
Ricorda?
“Sì, bene…”.
Un giocatore in 3D, mai sentito prima.
“La presi come un complimento, come qualcosa di diverso per descrivere le mie caratteristiche: penso che, oggi, il calcio vada in quella direzione, occupare gli spazi che si possono creare in campo”.
Un anno dopo, Spalletti ha preso in mano una Juventus un po’ ferita con la missione di rimetterla in corsa: dal 3D azzurro al 3D bianconero.
“Passione allo stato puro: il tecnico è questo e molto di più”.
Passione e comunicazione.
“Ti entra nella testa, ti arriva: a volte sa essere originale in ciò che ci dice, ma coglie sempre il punto. In pochi giorni ha portato nel gruppo un bel po’ di novità. E rispetto a quello che ho conosciuto in Nazionale è cambiato parecchio”.
La Juve può iscriversi alla gara scudetto, ha detto.
“Giusto e, direi, logico. Quando ce lo ha detto negli spogliatoi, alla Continassa, gli siamo andati tutti dietro: prima di Cremona avevamo sei punti di distacco dalla vetta, dopo Cremona ne abbiamo quattro. Questione di numeri…”.
Questione di qualità e forza: chi vede più credibile dentro un campionato dall’andamento lento?
“Napoli ed Inter. Napoli perché campione in carica, l’Inter per quello che ha fatto vedere negli ultimi anni. Dietro ce la giochiamo anche noi in una lotta aperta, apertissima… e se la lotta è aperta, apertissima può anche accadere di tutto”.
Torniamo a Spalletti. Passione, comunicazione e…
“Cura del particolare, in ogni momento del lavoro: dal rinvio da fondo campo alla rimessa laterale al fischio di inizio. Vive di pallone ventiquattro ore al giorno, penso che veda migliaia di partite, il suo metodo è un metodo moderno di insegnare calcio”.
Torniamo alla visione di gioco tridimensionale. Oltre a Cambiaso chi la vede così?
“In tanti. Se devo fare un nome dico Calafiori: parte da terzino e lo ritrovi in attacco. E nel suo Arsenal va così in generale: li seguo, li studio, mi piacciono. E se lo chiedeste a Spalletti sono sicuro che anche lui vi risponderebbe: sì, guardo le partite dei Gunners”.
Calafiori e poi?
“L’altra sera nel Chelsea c’era Cucurella ovunque”.
Un po’ esterno, un po’ a destra, poi a sinistra. Senza dimenticare il centrocampo: come si nasce polivalenti?
“Per me è stata una questione di istinto: fin da piccolo ho ricoperto più ruoli o posizioni e, per questo, credo di aver sviluppato una certa conoscenza non legata ad un solo movimento”.
Chi fa tante cose diverse dentro una partita, alla lunga rischia di snaturarsi. Ci ha mai pensato?
“Ne parlavo proprio in queste ore con Mac (McKennie, ndr) che mi sottolineava come avere la capacità di stare un po’ ovunque possa accompagnarsi al non eccellere in qualcosa di particolare”.
Quindi il rischio è concreto?
“Non la penso così: per me si tratta di un aspetto positivo perché l’allenatore è messo nelle condizioni migliori per fare le sue scelte”.
Quanto si sente arrivato Andrea Cambiaso?
“Non mi sento arrivato, non avrebbe senso: ho cominciato la mia carriera in Serie A più tardi rispetto ad altri compagni, vedi Kenan, o a chi fa la mia professione: se cominci a 21 anni sei, quasi, all’inizio. Di strada ne ho fatta, ma ne ho molta da fare: davanti a me vedo ampi margini di miglioramento”.
Un salto all’indietro. Quanto è stato vicino a fare le valigie destinazione Manchester, casa City?
“C’è stato un interessamento lo scorso gennaio, niente di più: non sono stato vicino a salutare la Juventus, non ho fatto proclami in questo senso, anzi. Lusingato, sì, altre storie no”.
Cambiaso non è più lo stesso perché ha in testa la Premier League: cosa le passava per la testa imbattendosi in queste chiacchiere insistenti?
“Hanno dato fastidio, ma il nostro mondo va così e non puoi farci nulla: era chiaro che non fosse la motivazione del mio calo di forma, ma, forse, fossi stato dall’altra parte lo avrei pensato anch’io. Vabbè…”.
Quanto è cambiato Vlahovic?
“Dusan è un trascinatore, uno che gioca per la squadra e con la squadra. Negli ultimi tempi l’ho visto più sereno e tranquillo, ma non ha mai perso un momento per dimostraci il suo attaccamento alla causa. Far gol, per un centravanti, vale tanto, ma, lui, di gol ne ha sempre fatti”.
Un pensiero per i nuovi arrivati…
“Qualità e professionalità: vale per tutti. Se devo sceglierne uno, allora dico Edon (Zhegrova, ndr): mi aveva impressionato quando lo abbiamo affrontato la scorsa Champions League col Lilla, poi mi ha confermato quello che pensavo di lui. Ha ragione Spalletti, quella “zeppetta” nell’uno contro uno è micidiale”.
Domani, il derby.
“Sfida da vincere, ad ogni costo. Non nego che sono legato di più a quello di Genova essendo tifoso genoano, ma con il Toro è un appuntamento molto sentito. Anche perché, per loro, vale una stagione, per noi mette in palio punti preziosissimi”.
In Champions è vietato sbagliare da qui a fine gennaio.
“Dobbiamo vincerle tutte, la possibilità di errore si è ridotta drasticamente”.
L’università è entrata nella sua giornata?
“Avrei voluto. Ma io sono uno che se decide di fare una cosa deve farla al meglio, il tempo mi sarebbe mancato. Sto leggendo Novak, la storia di un grande come Djokovic: c’è altro oltre il talento”.
Lei gira con le “cuffione” in testa per dirla alla Spalletti?
“Solo quando arrivo allo stadio. So che quando era ct si lamentava di chi passeggiava per i vialetti di Coverciano con le “cuffione” in testa: magari metterò gli auricolari piccoli anche in quei pochi minuti che ascolto musica (sorride, ndr). Cosa ascolto? “Guasto d’amore” di Bresh, grande tifoso genoano”.