Vlahovic, la difesa horror e… Le cinque sentenze di Sassuolo-Juventus

Il nervosismo di Vlahovic, gli orrori in fase difensiva e una rivoluzione tutt'altro che chiara: ecco le cinque sentenze di Sassuolo-Juventus
Dusan Vlahovic

Le cinque sentenze

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La Juve cade fragorosamente a Reggio Emilia e vede allontanarsi l’Inter di Simone Inzaghi. Il -5 rispetto ai nerazzurri non deve preoccupare, ma non può non suonare un piccolo campanello d’allarme. I problemi sono tanti, come evidenziato dai 90 minuti del Mapei Stadium. Allegri fa fatica a trovare una quadra a questa Juve, parla di mancanza di equilibrio e di una settimana “farfallina”.

Quelle “montagne russe” citate dal tecnico livornese sono uno dei problemi principali della Juve. Il problema nel problema è che dovrebbe essere proprio Allegri a risolvere questi limiti, limiti che sono uno dei leitmotiv dei due anni e mezzo ormai di questa nuova Juve allegriana. I quattro gol subiti a Reggio Emilia ci lasciano però cinque sentenze, le andiamo subito a vedere <<<

La difesa horror

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Il primo problema, evidente, è legato alla fase difensiva. In queste cinque giornate la Juventus non ha subito gol solamente contro Udinese ed Empoli, non a caso rispettivamente penultimo e ultimo attacco di questa Serie A (solo un gol segnato dai friulani). Nelle altre tre partite la Juve ha concesso un gol al Bologna e poteva subirne almeno un altro, con la Lazio ha lasciato troppo spazio nei primi venti minuti del secondo tempo.

A Reggio Emilia si è visto tutto il peggio della difesa bianconera. Gli errori di Szczesny sicuramente incidono, ma l’enorme sofferenza su Laurienté e Berardi testimonia una mancanza di solidità specialmente sulle corsie. L’apice è stato poi raggiunto nei minuti di recupero con il folle autogol di Gatti. Una confusione difensiva che stona con le caratteristiche di questa squadra e soprattutto con l’idea calcistica di Allegri.

Caos fasce

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C’è poi un reparto che, al momento, appare in confusione. Allegri ama ruotare i suoi uomini, ma delle gerarchie sugli esterni vanno definite. A sinistra Allegri aveva puntato fortissimo su Cambiaso a inizio stagione, ottenendo risposte importanti soprattutto a Udine. Kostic invece non aveva messo piede in campo nei primi 180 minuti, ma il serbo dalla sfida di Empoli è tornato dall’inizio e da quel momento ha fatto 3 su 3 da titolare.

A destra non è molto diversa la situazione. Weah è stato l’unico acquisto estivo e sembrava aver convinto tutti durante il precampionato. L’americano si era guadagnato la titolarità a Udine, dove non ha brillato mentre aveva fatto meglio allo Stadium contro il Bologna. Da quel momento però Allegri ha deciso di provare McKennie sulla destra, ottenendo anche discrete risposte ma come si è visto poi a Reggio Emilia l’ex Leeds e Schalke non è un esterno. Servono subito delle gerarchie.

Rivoluzione a metà?

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La nuova/vecchia Juve? Dopo Udine si era parlato di una Juventus rivoluzionata. Una squadra aggressiva, che gioca in avanti e che vuole essere più coraggiosa. Una rivoluzione che, piano piano, sta sparendo. Prima si faceva la caccia per capire di chi fosse il merito. È merito dei giocatori più intraprendenti? È merito di Giuntoli e della nuova mentalità portata in casa bianconera? È merito di Magnanelli e delle sue nuove metodologie di allenamento?

Tutte queste correnti non coinvolgono però l’artefice principale di qualsiasi scelta, ovvero l’allenatore. Si è cercato in tutti i modi di sottolineare i meriti degli altri, mentre Allegri continuava con il suo solido e solito pragmatismo. Una confusione che, di fatto, ha portato a una delle peggiori versioni della Juventus, perché a Reggio Emilia i bianconeri hanno messo in campo il peggio di loro stessi. Per la prima volta nel 21esimo secolo la Juve ha perso 3 partite in campionato in un anno solare con almeno 4 gol subiti (5 a Napoli, 4 a Empoli la scorsa stagione). Solamente nel 2004 aveva subito due sconfitte con 4 gol subiti (contro la Roma all’Olimpico e al Delle Alpi contro il Lecce).

Chiesa e…?

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Almeno c’è una nota positiva in casa Juve ed è la coppia Chiesa-Vlahovic. Arriveremo tra poco sul serbo, mentre un ragionamento va fatto non solo sui numeri ma soprattutto sulla solitudine dell’esterno azzurro. Vlahovic deve fare gol, Chiesa invece non deve solo segnare, ma anche creare e inventare. Lo sta facendo alla grande, il vero problema è che predica nel deserto. Una totale mancanza di fantasia e creatività che rende prevedibile l’attacco bianconero.

Il centrocampo non incide e soprattutto non rifornisce di palloni di qualità gli attaccanti. Servirebbero più idee da Fagioli e Miretti, servirebbero più inserimenti di Rabiot e McKennie e più rifornimenti dagli esterni. L’assist di Iling per Vlahovic con il Bologna e il lancione di McKennie per il 3-1 di Vlahovic con la Lazio, questi gli unici due passaggi vincenti provenienti dalle fasce. Troppo poco per una squadra che vuole competere per obiettivi importanti.

Vlahovic

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Nessuno mette in dubbio l’inizio di stagione di Vlahovic. Quattro gol, un rigore sbagliato e un impatto comunque fortissimo su quella che deve essere la stagione del riscatto. Il serbo ha voglia di spaccare il mondo, è comprensibile e va compreso. Deve però anche lui comprendere che se non tocca un pallone per 80 minuti è legittimo pensare a una sostituzione, specialmente se in panchina ci sono attaccanti che meritano spazio come Kean e soprattutto Milik.

Il suo atteggiamento al momento della sostituzione a Reggio Emilia è tutto fuorché costruttivo e di certo non è quello che serve in un momento dove la Juve deve reagire. Servirà una reazione già dalla sfida di domani sera allo Stadium con il Lecce. Sfida che, per la prima volta nella sua storia, la Juventus giocherà guardando i salentini dal basso verso l’alto. Merito di D’Aversa e dello strepitoso inizio di stagione del Lecce, questo è poco ma sicuro. Ci sono però anche i demeriti della Juve, una Juventus che domani non può e non deve sbagliare.