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Trezeguet: “Con Del Piero connessione unica. Il mio più grande rimpianto non aver vinto la Champions”

David Trezeguet con la maglia della Juve

Il campione francese ha risposto alle domande dei Member nella prima puntata di "Talk To"

redazionejuvenews

Il calciatore della Juventus David Trezeguet ha parlato a Juventus TV nell'ambito della prima puntata del nuovo format "Talk to", dove gli ex giocatori e i giocatori bianconeri rispondono alle domande dei tifosi della Vecchia Signora.

"Superare Sivori è stato il mio ultimo traguardo a livello personale. Vinciamo 5-2 contro l'Atalanta, con il gol in quella partita supero Sivori, una leggenda amata a livello calcistico e non solo juventino. Non ho avuto la fortuna di vederlo e parlarci ma da quello che so è stato un giocatore emblematico, diverso dagli altri, che ha fatto la storia della Juventus. Quando arrivi ad un traguardo simile capisci che hai fatto la storia".

"Io sono arrivato alla Juve che era molto competitiva, una squadra dove i traguardi sono chiari dall'inizio: vincere e vincere. Poi nello spogliatoio mi sono trovato con grandi giocatori, con gente che ha fatto una storia importante. Ti ritrovi dentro una famiglia, la Juve ha questa idea della squadra, un lato umano oltre a quello professionale. Se vai a vedere quasi sempre tantissimi giocatori rimangono tanto tempo a Torino perché sei in un posto importante, giochi per una squadra importante, la città può essere vissuta in maniera serena, anche per la famiglia. Tutto questo fa stare molto bene tutti".

"In campo la connessione con Del Piero era unica. Siamo riusciti a diventare la coppia più prolifica della Juventus, questo traguardo, per uno straniero, è una cosa importante. È stato un momento unico, poi io in questi 10 anni ho conosciuto alla Juve momenti belli e meno belli, i cambiamenti e le transizioni, e sono comunque stati momenti unici. Fuori dal campo con Camoranesi continuo ad avere un rapporto stretto, per la nostra storia e interessi. Un giocatore straordinario ma una persona unica".

"Quando sono arrivato in Italia i grandi attaccanti erano qui, Crespo, Vieri, Ronaldo, Inzaghi. Ho imparato molto vedendo questi giocatori, perché per un attaccante fare carriera in Italia dove ci sono grandi difensori, come Nesta, Cannavaro, Thuram, è difficile. Impormi per me è stato motivo di soddisfazione. I grandi campioni volevano venire in Italia, dove il campionato era molto competitivo, ed essere qui mi ha aiutato molto".

"Il mio percorso è stato umile. Sono nato in Francia e a due anni siamo tornati in Argentina, visto che i miei sono di lì. Mio padre ha continuato a giocare lì e io sono cresciuto in una famiglia che masticava calcio, dove il calcio faceva parte dell'educazione. Sono cresciuto per la strada, poi sono andato al Platense dove ho iniziato a divertirmi fino a diventare professionista. La mia parte formativa è finita al Monaco a 17 anni dove ho imparato tanto perchè il calcio francese è molto attento ai giovani, e da più possibilità rispetto all'Italia per i più piccoli".

"Quando sono arrivato alla Juve era un momento in cui avevo anche altre opportunità di scelta, ma gente come Platini e Bettega mi hanno spiegato cosa era la Juve. Andavo in un posto dove contava solo vincere, poche parole e tanti fatti, e questo per me è stato importante e interessante. Quando ho incontrato Ancelotti i suoi discorsi sono stati chiari e precisi, di poche parole come piace a me. Poi quando sei alla Juve capisci subito, anche grazie ai tifosi, dove sei. La Juve ti fa fare un salto di qualità, ti fa capire cosa fare per diventare un campione, ma nessuno ti regala niente. Io ho dovuto guadagnare il mio posto con professionalità e dimostrando le mie doti sul campo. Io sono arrivato quando giocavano titolari Del Piero e Inzaghi ma c'erano molti altri giocatori e io ho dimostrato piano piano le mie qualità guadagnando la fiducia e il posto in squadra".

"Sono sempre stato attento a lavorare per migliorarmi e migliorare quello che mi dicevano. Allenarsi con grandi campioni, che cercavano di migliorarsi sempre di più, mi ha fatto crescere. Per noi non era un problema rimanere di più al campo. Io lavoravo molto intensamente in area di rigore, avevo un dono che ho coltivato e curato, sapendo che avevo dei momenti non al top, ma con la concentrazione e la determinazione li ho sempre superati per farmi trovare pronto. Studiavo i miei compagni e le loro prerogative così da riuscire a sfruttare al meglio la nostra connessione".

"La mia ultima partita con la Juventus è stato per me un momento non semplice. Sono andato via gli ultimi giorni di mercato, non avevo questa idea, volevo continuare con la Juve, ma capivo che c'era bisogno di un cambiamento. La società doveva farlo, e più passano gli anni più lo capisco meglio. Non è stato semplice andare via, perché quando lasci la Juve per un'altra squadra capisci quello che hai lasciato dietro di te, che è molto più grande di dove arrivi. È stata un'esperienza unica a Torino, ho avuto la fortuna di segnare tanto e togliermi tante soddisfazioni. Il mio rimpianto è quello di non aver vinto la Champions e non aver giocato nello Stadium: l'adrenalina che ti da questo impianto è un valore aggiunto".

"Il gol al Milan del 2005? Alessandro poteva solo fare quell'assist, ho pensato che se anticipavo il movimento trovavo gli altri fermi. Sono quei momenti dove l'intensa con Alessandro era automatica, ci capivamo al volo, capivo quello che faceva e i suoi movimenti, così come lui capiva me. Con Alessandro abbiamo fatto un grande percorso insieme".

"Il 2006 non è stato un momento semplice, ma per chi è rimasto la stima dalla società, la voglia di voler continuare con noi, l'aiuto del pubblico in quel momento, dal lato emotivo è stata una cosa che mi ha segnato molto e mi ha attaccato molto ai colori della Juventus. Ora che sono ambasciatore dei colori della Juventus, la stima verso noi che siamo rimasti in quel momento la continuo a sentire molto forte. Credo che li abbiamo lasciato un segno forte nella società e nella città, oltre che nei tifosi. Questo tipo di attaccamento verso la maglia della Juve è stato forte, e il pubblico ha un rispetto più grande verso di noi".

"Il ricordo più bello alla Juve è stato a Udine, quando abbiamo vinto il campionato. È stato il mio primo ma il modo in cui lo abbiamo vinto è stato fantastico. Poi io ho vinto la classifica cannonieri, alla mia prima esperienza alla Juve. È stato un momento unico arrivato dopo un campionato lungo e stancante, vinto in quel modo all'ultima giornata. A Torino il ricordo più bello è sicuramente la sfida ai Galacticos del Real Madrid. Quando abbiamo giocato con loro c'era una carica diversa, sia da parte nostra che da parte del pubblico".

"Io ricordo il tridente Ravanelli, Del Piero e Vialli che rappresentava quello che era la Juve. La voglia di non mollare mai, il carisma. Questi tre giocatori sono quelli con cui avrei voluto giocare, e con due ci ho giocato, solo Vialli mi mancava. Sentire la loro determinazione e la loro mentalità ti fa rendere conto che erano giocatori diversi dagli altri. Sono quelli che hanno scritto una storia unica alla Juve e io mi ispiravo a loro per la grande determinazione che avevano".

"Il mio più grande rammarico è non aver vinto la Champions con la Juve. Perché abbiamo perso contro il Milan ai rigori, dopo aver vinto il campionato. Avevamo tutto per vincere, poi è andata come è andata. Pensi che potrai rivivere quelle partite ma per me così non è stato. Il ricordo più bello è sicuramente il primo Scudetto vinto a Udine. Quando sono diventato poi il calciatore straniero più prolifico della Juve è stata una grande soddisfazione, soprattutto per i grandi attaccanti che ho superato".

"Ho giocato con giocatori dal grande carisma. Sono arrivato a 22 anni in un gruppo dove c'era gente di una certa età e con certe idee, come Ferrara e Montero, che subito ti facevano capire dove eri. Ho visto arrivare Ibrahimovic che mi ha sorpreso con la sua mentalità e il suo pensiero. Lui arrivava in mezzo a tanti campioni ma vedevi già che era diverso. Mi ha sorpreso in maniera positiva. Io mi sono ritrovato nella Juve di Capello, che per me è una delle più forti, con gente che aveva molti valori. Questo ha aiutato la mia crescita e mi ha dato un grande contributo. Il 2006 è stato un grande peccato, quella squadra avrebbe potuto fare una grande storia".

"Ho avuto due momenti dove mi sono trovato emotivamente provato: il 100esimo gol in carriera a Roma all'Olimpico dopo la Serie B, e il mio gol numero 100 con la maglia della Juve al Brugge su assist di Camoranesi. Sono momenti speciali, dove ti senti forte e hai voglia di stare con i tuoi compagni". Ma attenzione perché intanto in casa bianconera è arrivata anche una clamorosa novità di mercato: nel mirino c'è un top player del Liverpool! <<<

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