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De Sciglio: “Non sono il figlioccio di Allegri, non mi ha mai favorito”

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Mattia De Sciglio, calciatore della Juventus, ha parlato del club bianconero, analizzando anche il rapporto con Allegri.

redazionejuvenews

Mattia De Sciglio, difensore fresco di rinnovo con la Juventus, ha rilasciato un'intervista a Cronache di Spogliatoio, parlando del club bianconero. Ecco le sue parole su Allegri: "Il Milan era il mio caricabatterie, eravamo sempre connessi e stavo al 100% in ogni momento. C’era Boa, c’era Ibra, e soprattutto c’era il mister. Ecco, prima di parlarvi di Allegri, voglio dirvi una cosa: non sono il suo figlioccio. Il nostro è uno dei rapporti allenatore-giocatore più iconici degli ultimi anni, ma lui non mi ha mai favorito. Certo, ciò che è vero, è che tra noi è nato un legame speciale. Pretende tanto da me, e sono uno di quello che massacra di più. A lui piace dare nomignoli a tutti i calciatori, e quando vuole colpirmi nell’orgoglio mi chiama «Mangia e dormi". Dice che sostanzialmente io mi alleno, mangio e dormo. Stop".

Sul corto muso: "Il suo pragmatismo viene visto come un difetto. In tanti si mettono negli occhi il bel calcio, guardano Guardiola e puntano il dito. Secondo me, Pep è una cosa a sé, unico nelle sue idee e nel modo di sistemare la squadra, di inventarsi i ruoli per certi elementi. La gente si è messa in testa che tutte le grandi devono giocare bene. Non voglio prendere le difese di Allegri, è il mio pensiero, ma è una contraddizione. In Italia si tende a guardare il risultato, poi però si parla del bel gioco. E tante volte, le due cose non vanno di pari passo".

Sul passaggio alla Juventus: "La notte di Milan-Empoli si avvicina. Mi ero ripreso e anche l’Europeo era andato alla grande. Mattia era tornato, ancor prima di De Sciglio. Dopo qualche mese, comunico alla società che non avrei rinnovato il contratto in scadenza. Una scelta sofferta, ma erano successe troppe cose e necessitavo di cambiare ambiente. A gennaio leggo: "De Sciglio non rinnova perché ha già firmato con la Juventus". Rimango colpito, perché io non avevo ancora sentito nessuno. Ad aggravare la situazione, gli infortuni di Montolivo e Abate fecero cadere la fascia di capitano sul mio braccio. Le mancanze di rispetto erano all’ordine del giorno".