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Marotta: “Mi vedo solo alla Juve. Che delusione Cardiff, ma siamo ripartiti”

Marotta
L'Amministratore Delegato dei bianconeri ha parlato della sua avventura a Torino

redazionejuvenews

TORINO - L'Amministratore Delegato della Juventus Beppe Marotta ha rilasciato una lunga intervista a Il Sole 24 ore dove ha parlato della sua avventura in bianconero: "La vittoria più coinvolgente resta la conquista del primo titolo a Trieste dove si è disputata la partita contro il Cagliari in campo neutro. Ho coronato un sogno. Il mio sogno professionale. Ma è stato ancora più emozionante perché quello scudetto è stato il primo della nuova dirigenza e di Antonio Conte come allenatore. Dopo il settimo posto della stagione precedente il nostro comune imperativo era riportare la Juve in auge. E ci siamo riusciti".

CHAMPIONS - "Ecco, la finale persa a Cardiff contro il Real Madrid, lo scorso giugno, è stata la delusione più grande di questo periodo. Ma io tengo sempre a mente una frase di Nelson Mandela che dice “Io non perdo mai: o vinco o imparo”. E da quella esperienza abbiamo imparato alcune cose. Chiamiamolo il know-how che serve per ottenere certi trofei. Un mix di esperienza e di capacità di essere lucidi nei momenti topici. Per cui per noi la sfida riparte. Siamo ancora più determinati".

 

GESTIRE LA JUVE - "La Juventus è una azienda con oltre 500 dipendenti che aspira a consolidarsi come una delle più importanti e profittevoli multinazionali dello SportSystem. Penso perciò che ciascuno debba essere messo nella condizione di dare il meglio di sé e di contribuire al successo collettivo. La stessa filosofia deve permeare la compagine dei calciatori e lo staff tecnico, come i diversi settori dell’industria Juventus. E la stessa fiducia deve essere alla base del rapporto con la proprietà, con cui è indispensabile dialogare, nel rispetto dei ruoli. Occorre saper mantenere le giuste distanze, con equilibrio e senso di responsabilità".

 

I COLPI DELL'ESTATE - "In 40 anni ho attraversato tutte le trasformazioni di questo settore, dal mecenatismo all’avvento delle tv, dall’invasione della finanza a questa nuova era in cui il trading dei calciatori ha definitivamente seppellito il romanticismo. Bandiere che incarnino lo spirito di una squadra e la identifichino non ce ne sono e non ce ne saranno più. Totti e Buffon saranno ricordati come gli ultimi esemplari del calcio classico. Queste trasformazioni finiscono per svilire la passione dei tifosi? Il calcio d’élite sarà sempre più una forma di entertainment. I calciatori migliori saranno sempre più delle star dello show business. E vivranno di ingaggi temporanei, come gli attori del cinema, quasi senza più vincoli contrattuali, se non per quel dato spettacolo o per quella data manifestazione. Possiamo non desiderarlo come innamorati del calcio, ma l’economia mondiale spinge in questa direzione".

IL FUTURO - "Certo non mi vedo in un altro club. Piuttosto vorrei dare un contributo alla politica sportiva, mettere a disposizione la mia esperienza per provare a salvaguardare almeno nel calcio non di vertice quella valenza sociale ed etica che fa dello sport qualcosa di imprescindibile"